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NAPOLI



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Panorama con Convento di S.Chiara
(foto "Controluce")

Prov. di Napoli




- Ah! godi, godi, Napoli mia, perchč davvero č grande la tua bellezza. Quante volte scorrendo la tua storia sanguinosa ho imprecato alle avide ombre dei tanti che per possederti hanno arrischiata e persa la vita; ma ora dall'alto di questa torrida rocc ia le scuso e le compiango. Godi, godi nel tuo letto di alghe e di fuoco, o bellissima Salamandra. Cuma, Baia e Miseno caddero tra i boati della Zolfatara e le scosse del formidabile Tifeo, ma erano meno belle di te. Morė č vero, la rosea Pompei e la brun a Ercolano sotto la furia del tuo Vesuvio ma il tuo Vesuvio ti guarda e sospira anche lui deve amarti, sei troppo bella.



Un gruppo di coloni, forse proveniente da Cuma, fondo' verso il 600 a.C. la mitica Partenope. Piu' tardi, altri coloni greci crearono un nuovo aggregrato urbano al quale dettero il nome di Neapolis. La citta' conservo' tradizioni, costumi e lingua ellenici anche quando fu sottomessa ai Romani, sotto la cui egemonia continuo' ad essere un ricco centro di cultura e un azona residenziale di raffinata eleganza. Dopo la caduta dell'impero di Roma, fu contesa da Goti e Bizantini e poi minacciata dai Longobardi; durante il periodo del Ducato (763-1139) ebbe una sua autonomia politica. Successivamente passo' sotto il dominio normanno-svevo (1140-1266) e poi angioino-aragonese (1266-1503). Nel 1504, Napoli e la Sicilia divennero province spagnole, affidate al potere di un vicere'; fino a quando, nel 1707, finirono sotto il controllo dell'Austria. Nel 1724 Napoli torno' agli Spagnoli; dieci anni dopo divenne, con Carlo III, la capitale del Regno dei Borboni, e rimase tale fino al 1860, con le sole interruzioni della Repubblica Partenopea (1799) e della breve esperienza francese di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat (1806-1815). Dopo l'impresa garibaldina e l'unificazione, i napoletani votarono l'annessione della citta' al Regno d'Italia.



Questa regione č cosė felice, cosė deliziosa, cosė fortunata, che vi si riconosce evidente l'opera prediletta della natura. Perchč quest'aere vitale, questa perpetua mitezza di cielo, questa campagna cosė fertile, questi colli solatii, queste foreste cosė sicure, questi recessi ombrosi, questi alberi fruttiferi, queste montagne perdute fra le nubi, queste messi sterminate, tanta copia di viti e di ulivi, e greggi dalla nobile lana e tori cosė pingui, e tanti laghi, e tanta dovizia di acque irrigue e di fo nti, tanti mari e tanti porti!
Una terra che porge da ogni parte il suo seno ai commerci e che, quasi per incoraggiare gli umani, stende ella stessa le sue braccia nel mare!
Non parlo dell'indole del suo popolo, dei suoi costumi, della sua potenza, nč degli altri popoli che essa ha conquistato mediante la sua lingua e con le sue armi.
Un popolo come il greco, solito a magnificar se stesso oltre misura, ha pronunciato il giudizio pių onorifico di questa, chiamandone una parte Magna Grecia.


ARRIVO IN CITTA'







Progetto e realizzazione di: F.Pennone
vers. del 7/10/1996